MARIO DEMURU ZIDDA

FU MAESTRO PER TANTISSIMI DI NOI

Non ho mai dimenticato le circostanze in cui conobbi Peppino Catte.

Nell’inverno del 1970 ricevetti un incarico si supplenza alle Scuole Medie di Posada-Torpe’ e perciò mi trasferii a vivere in quella sede. La mia passione per la politica, che mi ha occupato fin da giovanissimo, era risaputa, soprattutto fra i responsabili della politica locale. Non avevo alcuna tessera in tasca, benché avessi aderito col voto ad uno dei partiti della sinistra di allora.

Accadde così di conoscere e frequentare il segretario della sezione del Psi di Torpè Rimundu Chessa che, in modo discreto e amichevole, mi coinvolse nel suo obiettivo di affiliazione politica. Il suo “colpo da maestro” fu di mettermi davanti al fatto compiuto, favorendo un incontro con Peppino Catte il quale, dopo un colloquio che mise assieme la mia timidezza e i suoi modi schivi, mi chiese una formale adesione al partito e un esplicito impegno di militanza.

Il Psi di quegli anni era un partito sfibrato dalle scissioni, dalle robuste divisioni interne, e dalla faticosa necessità di definire una propria identità politica che conciliasse la sua storia di partito operaio e autonomista con la più recente collocazione di partito del centro-sinistra al governo.

Le tesi del movimento giovanile socialista postulavano, con una forte motivazione al rinnovamento, la necessità di impegnarsi “dall’interno” per poter garantire al partito una chiara collocazione riformista e libertaria, oltre a una impronta di contemporaneità legata ai temi dei diritti civili, allo stato sociale, alle libertà democratiche e, in campo economico, alla programmazione.

Tutti temi familiari a Peppino Catte, anche per la sua personale amicizia con Antonio Giolitti, figura di spicco della politica nazionale, intellettuale di grande valore e, soprattutto, padre nobile della programmazione economica e del pensiero autonomista.

Di quel lontano primo incontro con Peppino Catte conservo un ricordo vivissimo e l’impressione di aver ricevuto subito un preciso messaggio: leader è colui che sa mettersi allo stesso livello degli ultimi, per comunicare idee, visione, passione e una promessa di impegno trasparente e di sacrificio nella militanza.

Peppino Catte, fino all’ultimo suo giorno, conclusosi drammaticamente in quella sezione periferica del Psi del Sarcidano (attribuiva pari o forse maggiore importanza alle piccole sezioni dei paesi di quanta ne attribuisse alla sede regionale del partito!), fu la testimonianza coerente di questo modo di vivere la politica.

Fu un Maestro per tantissimi di noi, soprattutto per l’alto valore morale e culturale e umano del suo esempio; per il suo modo di interpretare il ruolo di leader politico del socialismo sardo. Lo fu anche per il fascino intellettuale che, con l’apparente modestia dovuta ai suoi modi schivi, seppe esercitare su tantissimi di noi, appena affacciati al mondo degli adulti, nel mezzo delle nostre giovinezze cariche di ideali forse, ma scosse anche da molte incertezze e molta violenza dintorno. Erano i difficili anni Settanta.

Quel primo giorno non gli chiesi tempo per riflettere. Accettai immediatamente il suo invito, perché si trattava di una scelta già intimamente maturata, certo. Ed anche per l’intuizione di un grande spazio di apprendimento (non solo politico) che mi si prospettava davanti, potendo lavorare a fianco di una personalità così notevole, quale Peppino Catte è stato nei campi del suo impegno: la famiglia, la scuola, la politica.

Voglio però, a questo punto, giungere al nocciolo della mia percezione della figura, politica e morale, di Peppino Catte: due aspetti fusi strettamente nel suo modo di essere prima educatore e poi politico. Mi viene da dirlo (due volte in pochi giorni…) con le parole di un pensatore politico di un altro tempo: “… si insegna, non quel che si sa, o che si ritiene di sapere; si insegna quello che si è”.

È un’affermazione un po’ perentoria, se si vuole! Non avrei dubbi: per insegnare bisogna sapere. Ma l’affermazione che si insegna ciò che si è, nel caso di Peppino Catte, pare comunque una verità altrettanto essenziale. In quella verità sta anche la profondità e la persistenza del suo insegnamento politico ed umano. Essere onesti, essere solidali, essere preparati, essere pragmatici non rinunciando ai sogni (in sardo, come raccontava di se stesso), essere emotivamente e concretamente coinvolti difronte al destino dei più umili, o dei più sfortunati, o dei meno dotati.

Non sto attingendo a un casellario di immagini retoriche e accattivanti; sto raccontando il profilo politico di un uomo, dall’eloquio sobrio e profondo e dall’approccio pragmatico e colto ai grandi disegni della politica.

Un uomo che ha insegnato la lezione davvero notevole, di ciò che lui era quotidianamente, della sua vita, privata e politica, senza “effetti speciali”. Non brumosa di “messaggi” ideologici, ma non per questo priva di una progettualità di segno elevato e di un certo contenuto di utopia.

Ha insegnato il valore di una vita di impegno e di dedizione alla nostra terra e alle nostre comunità,vivendo con naturalezza e con garbo le grandi passioni della sua vita.

Mario Demuru Zidda, un allievo


Funzionario di Banca, Mario Demuru Zidda è stato anche tra i fondatori del Consorzio per la pubblica lettura Sebastiano Satta, di cui ha anche ricoperto la carica di presidente. Nel 1982 è diventato assessore alla Cultura del Comune di Nuoro e nel 2000 è stato eletto Sindaco della stessa città, poi riconfermato per il secondo mandato fino al 2010. 

Spread the love